mercoledì 11 febbraio 2009

Con Eluana è morto anche il diritto alla vita

Un caso che ha spaccato in due le coscienze degli italiani. Una vicenda che ha scosso le fondamenta morali del Paese. Una tragedia umana su cui riflettere e da cui trarre spunto per capire meglio noi stessi. La morte di Eluana Englaro è tutto questo, ma prima ancora la storia tutta personale di una ragazza (donna) a cui il destino ha riservato una sorte difficile, tragica, inaccettabile. A lei rivolgiamo il nostro saluto più caro e le chiediamo perdono per questo gigantesco baillame che molti hanno costruito sulla sua storia.
Ma il silenzio ossequioso non solleverà dalle responsabilità coloro che ne hanno deciso, sentenziato, voluto la morte. Si dice che vivere in uno stato vegetativo per 17 anni non è vita, si dice che "lei avrebbe voluto questo", si dice che la si è lasciata andare. No. Non possiamo condividere questa cultura della morte.
La vita è un bene indisponibile, perchè è un dono, un mistero, un miracolo che nessuna scienza potrà mai spiegare nei suoi significati più profondi. Non c'è legge, magistrato, uomo che possa decidere della vita o della morte di un altro essere umano. Il diritto alla vita fa parte di quel diritto naturale scritto nelle cose, un diritto che che non può essere modificato, emendato, compresso. Un diritto che è oltre la sfera del disponibile e che va rivelato per poi essere osservato.
La fredda sentenza di un giudice ha stabilito che a Eluana potesse essere tolta ogni forma di alimentazione, così da lasciarla morire letteralmente di stenti. Pochi sanno che Eluana ha subito un'iniezione di barbiturici che sommata alla disidratazione ha causato un blocco renale ovviamente mortale. Per intenderci l'iniezione di barbiturici è la prima delle due che vengono somministrate ai condannati a morte. Eluana quindi è stata uccisa. Senza un medico affianco, nella solitudine di una sala fredda come un obitorio.
Si è introdotta per via di fatto l'eutanasia. Senza un legge. Giuridicamente un obrobrio non degno di uno Stato di diritto. Ma aldilà degli aspetti giuridici della vicenda va posta una critica in forma di domanda a tutti i paladini della cultura della morte. Partiamo da una premessa: in Italia esistono altre 3300 Eluana, uomini e donne amati, curati difesi, protetti dalle loro famiglie. Vite difficili si, ed amate per questo ancor di più da chi quelle vite le ha generate, le ha volute, le ha donate al mondo. Se si introduce moralmente e giuridicamente il principio che un uomo può decidere della morte di un altro essere umano (su Eluana ha deciso il padre, la volontà della ragazza non è stata accertata, aldilà di presunte testimonianze del padre) si arriverà a un'aberrante paradosso: quando chi veglia su queste vite sospese (genitori, fratelli, parenti) non ci sarà più, quando queste avranno affianco solo un tutore legale, sarà quest'ultimo a poter decidere se e quando "lasciar andare" il paziente?
E' uno dei tanti paradossi in cui si cade nel momento in cui l'etica lascia il campo al freddo relativismo e alla cinica scienza.
E allora lo ripetiamo, la vita è un dono INDISPONIBILE, non c'è uomo che possa decidere quando rinunciarvi! Nè tantomeno c'è uomo che possa decidere sulla vita altrui!
Non è questione di fede, chi scrive non è certo un portabandiera della religione. E' questione di rispetto per la vita intesa come bene supremo e inviolabile. Che Eluana si sia ricongiunta a Dio o che sia sparita nel Nulla agnosticamente inteso poco importa: non era questo il momento che il destino aveva scelto per lei.

STEFANO D'AUGUSTA

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Eluano per quei 17 anni ha vissuto. Ma ciò che veramente ha vissuto era il suo corpo e le sue funzioni involontarie. La volontà non c'era. Eluana viveva per "inerzia".

Nessuno può togliere la vita ha chi ha volontà, e con la sua volontà decide di vivere.

Diritto a vivere SI.
Dovere a vivere NO, quando si vuole morire.
Ci vogliono allora le Direttive Anticipate per regolare la volontà di che vuole morire se in futuro si trovasse in condizioni simili.

Se poi mi dite che un tutore non può decidere della vita degli altri c'è da ragionare, ma a livello clinico è fattibile.

Anonimo ha detto...

Eluano per quei 17 anni ha vissuto. Ma ciò che veramente ha vissuto era il suo corpo e le sue funzioni involontarie. La volontà non c'era. Eluana viveva per "inerzia".

Nessuno può togliere la vita ha chi ha volontà, e con la sua volontà decide di vivere.

Diritto a vivere SI.
Dovere a vivere NO, quando si vuole morire.
Ci vogliono allora le Direttive Anticipate per regolare la volontà di che vuole morire se in futuro si trovasse in condizioni simili.

Se poi mi dite che un tutore non può decidere della vita degli altri c'è da ragionare, ma a livello clinico è fattibile.

Anonimo ha detto...

La vita è sacra e staccare la spina significa, oltre a togliere il diritto dell'esistenza, rappresenta una sfiducia nei confronti della scienza.
Tale fiducia nella medicina non deve mancare mai, altrimenti è inutile che facciamo sempre i soliti discorsi sulla medicina e scienza quando poi si pronunziano parole ricche di ipocrisia e menefreghismo.