venerdì 18 marzo 2011

SONO DAVVERO INDISPENSABILI LE CENTRALI NUCLEARI? di CLAUDIO FORESTIERE

I tragici fatti accaduti in questi giorni a Fukushima in Giappone e l’imminente referendum sull’energia nucleare  hanno riportato l’attenzione dell’opinione pubblica sulla questione energetica. La domanda intorno a cui ruota il dibattito è la seguente:
è possibile un mondo senza centrali nucleari?
Lo sviluppo delle tecnologie ci permetterebbe tranquillamente di sopperire al fabbisogno energetico mondiale facendo a meno dell’energia dell’atomo, quindi la risposta in termini tecnici è “sì, è tecnicamente possibile fare a meno del nucleare”.
I problemi e le discussioni nascono quando invece si comincia a ragionare in altri termini: la domanda allora diventa :“Il nucleare conviene?”, facendo riferimento ad una valutazione di fattibilità dall’aspetto più marcatamente monetario.
Gli ultimi dati disponibili ci dicono che il nucleare rappresenta il 16% della produzione energetica mondiale, mentre in Italia questa fonte di energia è attualmente inutilizzata per la produzione di energia elettrica. Questa mancanza si ripercuote sul costo delle bollette che paghiamo noi utenti consumatori: il perché lo si capisce bene da un’analisi “secca” del costo di produzione dell’energia elettrica:
Come si capisce bene dal grafico, il costo di un chilowattora prodotto da fonte nucleare costa molto meno rispetto a quello prodotto da combustibili fossili. Inoltre, il grafico mette in mostra un’altra caratteristica da attenzionare: il costo dell’energia nucleare è meno soggetto a fluttuazioni di mercato rispetto a quello dell’energia da petrolio e derivati, cioè i prezzi di uranio e plutonio non variano come quello del barile di greggio.
Secondo l’attuale stato dell’arte, facendo un’analisi meramente economica, l’energia nucleare è conveniente.
Se però si vuole fare un’analisi a tutto tondo della questione energetica, frutto di una presa di coscienza ambientalista e sostenibile, il punto di vista monetario divento troppo stretto. Bisogna tener conto dei cosiddetti costi esterni (effetto serra, emissioni di gas inquinanti, disastri ambientali,etc) che il disastro di Fukushima ci fa tornare alla memoria: il protocollo di Kyoto, le eco-tasse e tanti altri provvedimenti sono la dimostrazione di questa nuova consapevolezza. A questo punto il nucleare accusa il colpo, come mostrano i dati seguenti del prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology)del 2009:

Da questa analisi gli esperti dell’Istituto concludono che considerando un premio di rischio per il nucleare e senza una tassa sulle emissioni inquinanti da combustibili fossili, il nucleare è più costoso sia del carbone o gas naturale.
Un altro dato incontrovertibile merita di essere evidenziato: il costo dell’energia elettrica è destinato ad aumentare e il tempo si fa sempre più stringente. Cosa fare? Si può puntare sulle energie rinnovabili?
Ad oggi, le tre tecnologie di produzione energetica da energie rinnovabili più diffuse e attuate sono l’eolico, il solare termico e il fotovoltaico: tutte e tre non basteranno mai da sole, sia per la naturale intermittenza delle fonti (vento e sole), sia perché non esistono batterie abbastanza grandi da poter accumulare le quantità di energia necessaria nei periodi di non produttività degli impianti.

A conclusione della diagnosi però, bisogna trovare la ricetta per la cura: questa nel lungo periodo si chiama autosostentamento energetico, cioè ogni utenza elettrica deve essere in grado di produrre da sé l’energia che gli serve per alimentarsi, acquisendo inoltre la mentalità del risparmio energetico (la migliore fonte energetica è il non consumo) e dell’incremento dell’efficienza.
Nel frattempo, il giusto mix da fonti rinnovabili, idriche, gas (un buon compromesso costo/emissioni inquinanti per rimediare all’alternanza della produzione rinnovabile) e adeguati finanziamenti alla ricerca su nuove tipologie di impianti(anche su base nucleare,vedi la fusione fredda) potranno garantire un futuro roseo, anche senza le centrali nucleari attuali.

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