(articolo redatto da LiborioAlessandro Di Franco)
Ha caratterizzato sette anni di storia repubblicana
con il consueto stile che ha accompagnato la sua intera vita politica. Primo
dirigente del partito comunista ad ottenere il visto per gli Stati Uniti,
ottima padronanza dell'inglese, ammiratore della cultura anglosassone, Napolitano regna
su un Quirinale che si erge sulle macerie della politica, forte e rispettato
come mai nel passato, autorevole e degno di rispetto dagli gli altri Stati.
Ahi serva Italia, di
dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di province,
ma bordello!
L'incontro con Sordello da Goito, presso Mantova, un famoso poeta e trovatore del XIII secolo ispira
Dante per la famosa invettiva nei confronti di un'Italia definita in crescendo
“serva”, “nave senza timoniere”, “non signora delle sue
province ma casa di prostituzione” proprio perché divisa e lacerata al
suo interno da continue lotte e rivalità. Dante riconosce che questa condizione così desolata
è dovuta ai politici del tempo ma soprattutto alle due somme autorità, il papa
e l'imperatore, i quali non adempiono ai loro doveri di guide spirituale e
temporale.
Sembrano incredibilmente attuali questi
passi del sommo poeta, è incredibile come la storia spesso di ripeta e si
diverta a fare la rima!
Qui un analisi dettagliata del momento
politico-istituzionale:
(articolo redatto da Walter Bressi)
La rielezione del Presidente Napolitano è un evento
che deve porre una serie di interrogativi rilevanti a un costituzionalista. In
primo luogo, se è vero che la Costituzione non pone alcun limite
alla rielezione del Presidente, l’opinione dominante
è stata (ed è tuttora) quella di ritenere che vista la già considerevole durata
del mandato (sette anni, superiore a quella di una normale legislatura, proprio
per consentire al Presidente di meglio esercitare le sue funzioni di “organo
riequilibratore” tra le varie anime politiche che compongono il
Parlamento), la rielezione possa portare ad un irrigidimento delle modalità
attraverso cui le funzioni presidenziali concretamente vengono esercitate, e
pertanto costituire un “freno” alla
normale evoluzione della dialettica politica nel corso degli anni.
Indubbiamente, però, è anche vero che l’Italia tutta
si trova in un’epoca storica peculiare, caratterizzata oltreché da una
drammatica crisi finanziaria ed economica,
anche da una modifica tacita dell’originario assetto tra poteri e organi
costituzionali senz’altro da attribuire in primo luogo a una crisi della
politica, percepita dai cittadini non
più come portatrice dell’interesse generale del benessere e
della felicità dei cittadini, ma come
coacervo di interessi individuali e particolari, senz’altro dannosi per
gli equilibri sociali, e in grado di innescare, alla lunga, anche reazioni “di
piazza” che minano alla base il concetto stesso di democrazia. Il
parlamentarismo disegnato dall’Assemblea Costituente nel 1948, insomma, non
corrisponde più alla reale forma di governo dei nostri giorni, e a questo
concorrono, o sono concorsi, vari fattori. In primo luogo, l’abuso che è stato
fatto negli ultimi anni da parte del Governo della decretazione
d’urgenza che ha svilito il ruolo del Parlamento, passato
dal luogo ove si devono necessariamente confrontare le parti politiche per
determinare il contenuto degli atti legislativi a semplice organo ratificatore,
asservito agli interessi di partito e non più al servizio del Popolo, senza
vincolo di mandato, in base a quanto dispone l’articolo 67 della Costituzione.
L’attuale legge elettorale, inoltre, impedendo
l’elezione diretta dei singoli parlamentari da parte del corpo elettorale, ha
allontanato questo dalle Istituzioni, anzi ha lentamente portato a una vera e
propria contrapposizione, con la conseguente
nascita di partiti e movimenti di rottura con un sistema che ha inoltre dato
prova di essere fortemente corrotto e inefficiente. Da ultimo, c’è da
sottolineare come il Presidente Napolitano per la prima volta nella storia
repubblicana abbia interpretato in modo assolutamente monarchico il suo ruolo
che invece doveva essere di garanzia, o
di “potere di riserva”, sulla scorta del
dictator della Repubblica Romana, aumentando in maniera del tutto arbitraria le
proprie prerogative (si pensi alla vicenda che lo ha visto coinvolto nelle
intercettazioni della Procura di Palermo sulla trattativa Stato-Mafia, dove non
era ravvisabile nessuna forma di conflitto di attribuzione …), e arrivando di
fatto a costituire il punto di riferimento dell’intera pletora politica, in
difficoltà a causa della sua stessa mancanza di credibilità.
A fronte di questo quadro allarmante c’è da
augurarsi che la rielezione di Napolitano (evento storico della Repubblica) sia
occasione per operare finalmente quella modifica della forma di governo
costituzionale da tempo auspicata per allineare l’Italia al resto
delle democrazie occidentali. Riforma che deve senz’altro comprendere il
superamento del bicameralismo perfetto (con una Camera per gli Affari
Regionali, sulla scorta di quanto accade in Germania), la riduzione del numero
dei parlamentari eletti (spropositati in rapporto alla popolazione), e un Esecutivo
più forte e stabile, in
grado di sopravvivere alle crisi parlamentari spesso generate da interessi
personali di piccoli leader di partito in netta contrapposizione con
l’interesse generale a un Governo che governi, attuando in tempi rapidi e certi
il programma d’azione presentato ai cittadini in campagna elettorale.
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