mercoledì 13 febbraio 2013

LA NUOVA TRUFFA PER L'ITALIA: DALL'EUROPA ARRIVA IL MES

articolo di Walter Bressi
Che cos’è il MES?  Secondo le semplificazioni della nostra stampa nazionale, il Meccanismo Europeo di Stabilità consisterebbe in una sorta di fondo patrimoniale, gestito da rappresentanti dei 17 governi dei paesi dell’Eurozona, Italia inclusa, destinato in sostanza ad aiutare i paesi che si trovano in forte difficoltà economica, andando di fatto a legalizzare quelle forme surrettizie di sostegno che la Ue ha negli ultimi tempi realizzato, soprattutto nei confronti dei paesi più deboli (Grecia e Portogallo in primis).
Leggendo più nello specifico gli articoli del Trattato, però, ci accorgiamo che esso è un contenitore di orrori giuridici e filosofici, rappresentando di fatto la più grande minaccia per la democrazia degli Stati Europei e per le Sovranità Nazionali.
Iniziamo con ordine. 
“Il MES è dotato di un consiglio dei governatori e di un consiglio di amministrazione, nonché di un direttore generale e dell’altro personale ritenuto necessario”  (art. 4, comma 1).   Qui si enunciano gli organi costitutivi del MES.  In particolare, il consiglio dei governatori è costituito da 17 persone, nominate dai Governi, che si occupano della gestione del fondo del MES.  È sicuramente l’organo centrale di riferimento, soprattutto perché prende le decisioni in ordine allo stock di capitale autorizzato, fissato dall’art. 8 in 700 miliardi di Euro, ripartiti nel seguente modo :

Molto bene.  Ad una prima lettura ci accorgiamo che i paesi maggiormente contributori sono la Germania (per il 27 % del capitale), Francia ( 20 %),  Italia (17 %), e Spagna (11 %).  Eppure qualcosa non torna.  125 MILIARDI DI EURO?!?!  Un’enormità, se consideriamo che la spesa pubblica complessiva è di circa 800 miliardi.  Questo significa che l’Italia sarà convenzionalmente obbligata ad impegnare il 15,63 % della propria spesa pubblica a favore del MES.  È una cifra 5 volte maggiore del gettito complessivo dell’IMU e più di 30 volte superiore al gettito dell’IMU sulla prima casa.  Ma tutto ciò, in concreto, cosa significa?  Ce lo spiega lo stesso Trattato all’art. 41, parlando delle modalità di versamento del capitale iniziale, specificando che “il versamento delle quote da corrispondere in conto del capitale inizialmente sottoscritto da ciascun membro del MES è effettuato in cinque rate annuali, ciascuna pari al 20% dell’importo totale. La prima rata è versata da ciascun membro del MES entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del presente trattato. Le restanti quattro rate sono corrisposte rispettivamente alla prima, seconda, terza e quarta data coincidenti con la data di pagamento della prima rata”.  Bene, ora abbiamo capito : entro 15 giorni dall’entrata in vigore del Trattato (con il deposito della ratifica previamente autorizzata dal Parlamento), l’Italia dovrà versare nelle casse del MES  un quinto dei 125 miliardi complessivi, ovvero 25 miliardi.  Ecco, allora, a cosa sono serviti il sangue, il sudore e i sacrifici di milioni di italiani, spagnoli, francesi e portoghesi, ed ecco spiegato anche perché chi ha falsamente rappresentato l’Italia nelle sedi europee apponendo la sua firma sopra questo suicidio finanziario, oggi si guarda bene in campagna elettorale dal promettere riduzioni della tanto contestata imposta, e benché mai restituzioni, che esporrebbero l’Italia al rischio di insolvenza per la prima rata del MES.   Ma cosa accade, appunto, nel caso in cui uno Stato Sovrano non riesca ad adempiere ai propri obblighi convenzionalmente assunti?  Leggiamo insieme il 2° comma dell’art. 25 del Trattato, il quale recita :
“Se un membro del MES non procede al pagamento da esso dovuto nell’ambito di una richiesta di capitale effettuato ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, una nuova richiesta di capitale, incrementato, è indirizzata a tutti i membri del MES al fine di garantire che il MES riceva l’importo totale del capitale versato necessario. Il consiglio dei governatori assume opportuni provvedimenti tesi a garantire che il membro del MES interessato saldi il proprio debito nei confronti del MES entro un termine ragionevole. Il consiglio dei governatori è autorizzato a richiedere il pagamento di interessi di mora sull’importo dovuto”.
Per la prima parte il testo appare chiaro e inequivocabile.  In caso di insolvenza di uno dei nostri partner europei, a pagare saremo noi assieme a tutti gli altri, per consentire al MES di svolgere il proprio compito.  Questo cosa potrebbe significare?  Un’altra IMU? Riduzione dei servizi pubblici già a livelli da Terzo Mondo? Depenalizzazione del traffico di organi umani per consentire agli Italiani di pagare le bollette?  La storia, mai mentitrice, ce lo dirà.  Piuttosto è più interessante la sorte dello Stato inadempiente.  Nei suoi confronti, infatti, il consiglio dei governatori può assumere “opportuni provvedimenti” tesi all’esazione del credito pendente.  “Opportuni provvedimenti”?  Che genere di provvedimenti?  Se già le Nazioni Unite non conoscono strumenti adeguati per imporre agli Stati Sovrani l’esecutività delle loro decisioni, da quale grazia divina deriva l’attribuzione al MES di questi poteri, indefiniti e sconfinati, palesemente in contrasto con il principio francorivoluzionario del nulla poena sine lege?  Ma soprattutto, che cosa si può fare nei confronti di uno Stato che non ha i soldi per pagare?  Forse pignorare i beni pubblici di grande valore artistico ed economico che segnano il passaggio su questo mondo della nostra civiltà o, peggio, stipendi, pensioni, tredicesime e cassa integrazioni?
A fronte di queste preoccupazioni tutt’altro che infondate, cerchiamo di verificare ora quali sono gli strumenti per impedire che il MES diventi legge a tutti gli effetti anche in Italia.  Anzitutto, occorre precisare che in quanto Trattato che impone oneri alle finanze (eufemismo di dubbio gusto, in questo caso), è sottoposto alla necessaria autorizzazione preventiva delle Camere, il che significa che la prossima maggioranza parlamentare si assumerà in toto le responsabilità di tutti i disastri sociali, economici e politici che ne seguiranno, prima di passare le carte a Napolitano, o chi per lui succederà al soglio del Quirinale.  Ebbene, di fronte a una legge del genere l’utilizzo dell’istituto del referendum abrogativo è categoricamente escluso.  L’art. 75 della nostra Costituzione, infatti, in maniera del tutto ingiustificata e opinabile, esclude il ricorso al referendum per le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.  Più praticabile ci sembra invece la strada di un giudizio della Corte Costituzionale, che mai come ora si metterebbe al servizio del Popolo di cui teoricamente dovrebbe tutelare diritti e prerogative a fronte di atti palesemente in contrasto con il più elementare principio democratico.

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