Negli ambienti augustani è ormai arcinoto un estratto letterario dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa in cui un giovane Fabrizio Corbera, principe di Salina e protagonista de "Il Gattopardo", ricorda i suoi trascorsi ad Augusta, tessendo le lodi delle coste megaresi e arrivando a definirle "il posto più bello della Sicilia" (per vedere il testo originale vai su: http://it.wikipedia.org/wiki/Augusta_(Italia) al capitolo "Cultura").
Ma se il principe tornasse ad Augusta oggi, cosa direbbe?
Abbiamo provato ad immaginare le sue parole, per avviare una riflessione sul degrado della nostra città.
«Sei
stato mai ad Augusta, tu, Corbera?»
C'ero
stato da recluta ed era un paradiso; ci sono tornato qualche mese fa,
l'ho trovata sporca, inquinata e male
organizzata.
Le industrie petrolchimiche ammorbano l'aria salubre che si respirava
un tempo, cumuli di spazzatura giacciono in ogni dove, gli
amministratori sono collusi con la mafia.
Dopo
la mia risposta tacque; poi, con voce irritata: «E in quel
golfettino interno, più in su di punta Izzo, dietro la collina che
sovrasta le saline, voi cappelloni siete mai andati?»
Le
saline non esistono più da tempo immemore e l'acqua stagnante che ha
preso il loro posto puzza di fogna e di scarichi ospedalieri. Ho
tentato di fare un bagno al Faro, ma non ho trovato parcheggio: e
quel golfettino che dici tu non è più accessibile: l'abusivismo
selvaggio ha messo recinzioni e cancelli anche
lì.
Avevo
un bel ricordo di Augusta e rivedendola adesso posso soltanto
esclamare: “Cu mo fici fari!”
(Liberamente
riadattato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa, La Sirena – I Racconti)
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