giovedì 24 ottobre 2013

LA DESTRA POST BERLUSCONISTA, TRA CHIMERE E FALSI PROFETI di Liborio Di Franco

"Siamo il cambiamento, rappresentiamo un nuovo modo di fare politica, siamo la rivoluzione" sono le affermazioni che il più delle volte si sono sentite e continuano a sentirsi tra i mass media. Le premesse/promesse sembravano esserci, con favore dei sondaggi e tanti entusiasmi. Ma si sa, i buoni propositi sono tanti rapidi quanto lesti a dissolversi. A volte ritornano. Anzi no,scompaiono con esiti scoraggianti e pressoché analoghi.
Sono i leaders politici che hanno provato a rilanciare in Italia una formazione liberale,riformista ed europeista, in contrapposizione (o superamento, fate voi) alla destra berlusconiana.
A tutt'oggi però,non esiste alcun movimento, schieramento politico o chicchessia capace di colmare il vuoto che prima o poi lascerà ( é l'inevitabile scorrere del tempo che lo impone) il tramonto di una figura come Silvio Berlusconi nella destra italiana. Fino ad oggi è noto, non ci si è mai neppure posti seriamente il problema successione; un po' per scaramanzia, un po' per impossibilità oggettiva: pianificare un passaggio di consegne significa trasformazione dell'eccezionalità - ciò è stato, nel bene e nel male, il fenomeno berlusconiano - nell'ordinarietà. Dentro o più realisticamente fuori, il compito andava e va assunto da altri, ma niente di tutto questo è sinora avvenuto.
Arroccamento ai partitini di stampo personalistico, annacquamento dei programmi, debacle elettorale, deriva centrista e eclissa mento mediatico potrebbero rappresentare i principali difetti avutasi.
Un quadro desolante. Perché le conseguenze dell'immobilismo berlusconiano in cui da vent'anni è impantanata la destra italiana, si é riverberato su tutto lo scacchiere politico nazionale. Ad una destra che non è destra, anzi che non è, sic et simpliciter, fuori dal suo leader - come candidamente viene ammesso quotidianamente - si contrappone fatalmente una sinistra che non è sinistra, cioè una sinistra senza identità e linea politica.
Lo scenario è di un sistema partitico che non è mai davvero riuscito a scrollarsi di dosso il consociativismo tipico della Prima Repubblica e che teme il confronto. Come squisitamente satireggiato, la dicotomia che fa da leitmotiv alla c.d.Terza Repubblica, non è più destra-, sinistra,conservatore-progressista,liberista-statalista, ma divisivo - non divisivo. La divisività che dovrebbe implicare dibattito, confronto, dialettica è diventato inopinatamente un disvalore, un male da evitare e al di fuori da tutto ciò l'antipolitica e il populismo dilagano; come se si fosse oppressi da una monarchia, anzi, oligarchia.
Sarebbe quasi inutile oggi attaccarsi ad un cambiamento di rotta, un cambio di programmi o una rivoluzione senza termini come prospettato da alcuni.
Frattanto gli arrivi in migliaia nelle nostre coste meridionali, a settentrione la politica economica ci vede soccombere sotto i colpi di un Europa sempre più a favore di alcuni.
Riflettendo, Il mutamento di paradigma potrebbe partire proprio dalla destra, perché proprio in quella successione che non si vuole pianificare può esserci il vero cambiamento degli scenari. Immense praterie. Immaginiamo oggi una destra senza l'impero personalistico creato negli ultimi 20 anni?
Scomparso lui, il vuoto. E proprio qui si potrebbe costruire una nuova forza liberale e riformista. Il punto non è se poi ci si debba riconoscere in tale forza, ma il cambiamento sarebbe così radicale che tutto il sistema ne gioverebbe.
Oggi però ogni discorso è poco più che un libro di sogni. Ancora una volta, tutto, continuerà a dipendere dalla stessa base. Il quando e come finirà tutto ciò è ancora da scoprire. Da tali variabili, infatti, dipenderà il futuro della politica italiana. Il diluvio o una nuova primavera?

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