Articolo di Walter Bressi
I contrasti tra il modo di pensare occidentale e la cultura islamica hanno origini assai antiche. Già il Sommo Poeta Dante, nel canto XXVIII dell'Inferno, quello dei seminatori di discordia, raffigura il profeta di Allah squarciato dal mento "fin dove si trulla", con le interiora che gli penzolano tra le gambe (indicato con la ben più volgare perifrasi "'l tristo sacco / che merda fa di quel che si trangugia"). Nella logica del contrappasso, Dante rimproverava a Maometto non tanto di professare una falsa religione, ma di aver spezzato l'unità della fede in Medio Oriente, che infatti dall'ascesa dell'Islam in poi assumerà connotati completamente differenti ed avrà modo di scontrarsi anche bellicamente con l'Europa Cristiana.
Più recentemente a fare scalpore è stato il film della regista francese Cheyenne Carrone, L'Apôtre (L'apostolo in lingua italiana), che racconta la storia di un giovane mussulmano che colpito da alcune vicende personali decide di convertirsi al cattolicesimo, provocando così l'ira dei suoi ex fratelli di preghiera che gli cambiano letteralmente i connotati. L'Apôtre non vedrà mai le sale cinematografiche. La sua proiezione è stata infatti bloccata dalle Autorità competenti francesi per "prevenire il rischio di attacchi", dopo le stragi di inizio gennaio. E non è il primo caso di "censura preventiva" adottata in Francia a tutela della coesione sociale con la folta comunità musulmana che lì vive e prospera. Stessa sorte è infatti toccata a “Timbuktu”, il film di Abderrahmane Sissako, premiato all’ultimo Festival di Cannes e candidato agli Oscar. La pellicola è un appassionato appello contro l’islamismo jihadista, e ne mostra tutto l’orrore in Mali, paese natale della moglie di Amedy Coulibaly, l’attentatore del supermarket kosher di Parigi. Il tutto a distanza di poco più di dieci anni dalla barbara uccisione di Theo Van Gogh, reo di aver delineato, in un cortometraggio di 10 minuti dal titolo "Submission"(che è la diretta traduzione del termine Islam) la condizione di inferiorità e deteriorità della donna nella cultura islamica.
Insomma va bene essere tutti Charlie, ma alla prova dei fatti l'Europa del terzo millennio, invaghita da un delirio multiculturalista, pur di non trattare temi scomodi per le sue comunità musulmane, preferisce sottomettersi a esse. E chi la pensa diversamente diventa all'improvviso islamofobo e razzista. Il tutto ovviamente in aperta contraddizione con i principi di libertà e democrazia che i popoli europei si sono conquistati col sangue negli ultimi secoli. Libertà che copre tanto la satira(a volte volgare) come poteva essere quella di Charlie Hebdo, tanto quella di poter semplicemente trattare temi legati alla cultura islamica denunciandone, ove occorra, i lati oscuri.
Occorre una presa di coscienza da parte dei popoli europei, che in questo particolare momento storico hanno due strade davanti a loro : porgere l'altra guancia all'Islam e rinunciare alla propria libertà, oppure ribellarsi pur di difendere i principi cardine delle nostre democrazie.
Nessun commento:
Posta un commento