A sentire le parole di
Marine Le Pen nel dibattito contro Massimo D'Alema andato in onda appena una
settimana fa negli studi di Giovanni Floris a "Di Martedì" sembra
quasi di rileggere, ovviamente in chiave moderna, “L'elogio della democrazia
ateniese” di Platone, piuttosto che Alexis de Tocqueville, noto emigrante
francese nei neonati Stati Uniti della prima metà dell'800, che nella sua opera
più importante, “La Democrazia in America”, scrive che "in generale, la democrazia dà poco ai governanti e molto
ai governati".
Nel suo rivendicare con forza la necessità di un
governo della cosa pubblica "dal popolo, per il popolo", Marine Le
Pen mette in imbarazzo un convinto europeista come Massimo D’Alema, che si dimentica di
aver fatto parte per anni di un partito che giustificava le invasioni armate
dell'Unione Sovietica in Ungheria e Polonia, e fa un elogio tocquevilliano
proprio agli Stati Uniti, dipinti come il tempio della perfetta integrazione
laicista, multiculturalista e multirazziale. Tralasciando il fatto che gli
Stati Uniti, come Madame Le Pen non manca di sottolineare, non sono proprio
l'esempio migliore che si possa portare. In primo luogo perchè si tratta di una
nazione fondata sul l'immigrazione e su quelle carestie cicliche che spinsero
milioni di europei (italiani inclusi) a riversarsi oltreoceano spodestando coi
fucili la popolazione che lì vi si era insediata da secoli. In secondo luogo
perché gli Stati Uniti, al contrario dell'Europa, sono una nazione che ha
superato l'infamia della segregazione razziale solo da pochi decenni, e dove il
mito della perfetta integrazione è tutt'altro che raggiunto.
Ad ogni modo ciò
che la Le Pen rileva, ed è quello che ci deve interessare per davvero, è questo
dato di fondo: la contrapposizione
classica tra destra e sinistra è finita. Certo, Massimo D'Alema è un uomo
che si dice di sinistra, e può sembrare normale che in un dibattito non vada
d'accordo con quella che al momento sembra essere, indiscutibilmente, la leader
della destra europea. Eppure lei stessa lancia un messaggio chiaro a tutti
quelli che la sostengono. Bisogna essere aperti a tutti i movimenti che pure da
posizioni diverse mostrano una certa aspirazione alla libertà.
Prova di questo
sono le dichiarazioni esultanti rilasciate dopo la nuova rivoluzione greca di
Alexis Tsipras, uomo che di sinistra lo è davvero, perché nel suo programma si
trovano proposte care a questa fazione politica, come l’aumento del salario
minimo dei Greci da 500 a 750 euro mensili, nonché la ricostruzione dello stato
sociale che le imposizioni della Troika hanno in questi anni distrutto. E poi
ancora case popolari, sanità , elettricità gratis per le famiglie più
bisognose.
Ormai la vera
contrapposizione è tra coloro che vogliono riportare la democrazia al centro
del villaggio e coloro che difendono interessi di non ben definite entità
sovranazionali. Dunque, se si può dire che da una parte e dall'altra la destra
e la sinistra autentiche, che si diceva fossero morte politicamente sul finire
del decennio scorso, stiano risorgendo, si deve anche dire che allo stato dei
fatti convergono sul medesimo binario della protesta a Bruxelles, Francoforte e
i vari centri di potere situati oltre i confini nazionali.